Napoli in pezzi
Domenica scorsa passeggiavo lungo Via Chiaia: faceva caldo ed un branco di persone era in fila come quando si dava il pane con la tessera per entrare al Magnum Pleasure Store che poi ti costa pure di più del solito gelato. Un paio di motorini starnazzavo nella piena anarchia, come se non ci fossero dei divieti, come se non fossimo in una città civile. Ero da sola in quella bolgia di pensieri, calore e volgarità e non c’era manco il vento a darmi il tormento. Mi sentivo i piedi cementificati, mi sentivo incapace di muovermi, incapace di avanzare verso Piazza del Plebiscito. Non era il caldo, la folla ed i motorini a darmi un senso di mobilità. Avevo paura a muovermi ad arrivare fino a dove è successo tutto. Io per Napoli ci passeggio sempre con grande piacere: mi piace lasciarmi cullare dal chiacchiericcio, dalle urla disumane delle persone che da un balcone all’altro sbattono la loro vita al vento come le tovaglie dopo aver mangiato, dai colori dei sorrisi, dagli odori degli orrori, dai contrasti di sapori. Non mi volevo muovere, eppure, l’ho fatto. Ho alzato lo sguardo mentre percorrevo Via Chiaia e ho visto l’arco che la divide a metà sorretto da una rete quasi a lasciarmi capire quale sarebbe stato lo “spettacolo” da vedere. Ho attraversato l’arco e ho iniziato a scendere con nervosismo la strada, sampietrino dopo sampietrino, come un morbo improvviso che ti prende e ti porta la febbre a quaranta il quindici di agosto: sentivo dentro di me che dovevo vedere, che non dovevo avere paura, che avevo la responsabilità di passare di lì. Sono arrivata fuori la Galleria Umberto in pochi minuti ed intorno a me c’erano tante in persone che bisbigliavano: l’atmosfera era surreale. Per la prima volta nella mia vita ero in quel posto sommerso dal silenzio, lì dove ogni volta riconoscere una voce è come cercare un ago in un pagliaio. I fasti delle bancarelle, delle postegge, degli accessori brillantinati, alle risate sguaiate dei ragazzini, le note stonate dei cori neomelodici improvvisamente si sono azzerati: la Galleria era sommersa in una bolla di silenzio. Mi sono immaginata la scena, ho pensato a come poteva essere la sensazione di essere schiacciata improvvisamente: ho fantasticato con i resti di quella tragedia pensando trasportando sulla mia pelle le sensazioni solo meccanicamente ipotizzate perché di certo uno non immagina di essere schiacciato da un cornicione mentre si sta specchiando. Napoli è in pezzi e perde i suoi pezzi ogni giorno e noi tutti restiamo immobili. Oggi piangiamo Salvatore, ieri abbiamo perso Ciro. Retorica su retorica che si ripete, pianti prestabiliti ad affidare a protagonisti occasionali, scelti a caso tra la folla della gente di questa città. Noi stessi siamo i pezzi di questa Napoli sempre più in frantumi, sempre più sparsi.

About friariella
Travel blogger per caso, Napoletana per scelta. Sono un'intalliatrice agonistica e campionessa mondiale di aperitivi e bis. Mi piace viaggiare low cost, amo la buona musica e di ogni festa divento il giullare.