Perché visitare Lampedusa: sul senso del luogo.
Ho passato quattro giorni in compagnia del team Hubby di Bluewago alla scoperta di Lampedusa, un’isola nota solo per gli sbarchi clandestini. In molti mi hanno contattato chiedendomi cosa ci facevo lì, se avevo visto immigranti galleggiare in acqua e se ci fosse qualcosa da visitare a Lampedusa. Non me lo sono fatta dire due volte ed in questo post vi racconto come è andata: are you ready?
Sono fatalista: credo che le cose avvengono sempre per un motivo ben preciso. Anche il più banale dettaglio ci indica la nostra strada. Sono salita in aereo e ho aperto il libro che mi ero portato con me per ingannare l’ansia da volo ( sì ho paura di volare ma riesco a tenerla più o meno a bada per il solo gusto di viaggiare): ho scelto “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani. L’ho aperto e il suo incipit recita così:
Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere e a volte non è facile. La mia, per esempio, aveva tutta l’aria di essere una maledizione.
Ho sorriso e ho continuato a leggere, ripetendomi quella frase come un mantra, ripercorrendo i miei ultimi anni, immaginando tante storie. Ho cercato di pensare se questo semplice incipit non fosse una sorta di presagio, di presentazione, di indizio a quello che stavo per vivere.
Arriviamo a Lampedusa grazie a Volotea che quello stesso giorno ha inaugurato la tratta Bergamo Lampedusa e all’arrivo c’è Giuseppe, il proprietario del Marina Diving, il centro immersioni che ci avrebbe accompagnato alla scoperta dei fondali dell’isola.
Ma niente è per caso. Un rapido giro per l’isola prima di arrivare al Bed & Breakfast: nessun migrante avvistato per strada. Ritrovo del gruppo davanti ad un altro Hotel: il proprietario ha un accento familiare che mi sembra di essere ancora a Reggio Emilia; non mi sbaglio: è di Carpi, in provincia di Modena e ha mollato tutto e vive qui. Lo possiamo definire il primo migrante?
Andiamo a pranzo in una Pescheria Ristorante: chiacchiere, risate, vino e racconti. Parliamo di Roma: io dico che l’adoro, Giuseppe seduto di fronte a me mi dice che l’ha lasciata e che adesso è molto più felice. Lo guardo basita: Roma è la città dove vorrei vivere adesso, lasciandomi alle spalle chilometri e chilometri di nebbia pur di respirare la stessa area del cupolone. Giuseppe mi sfoggia il suo sorriso migliore come quando la domenica mamma e papà ti comprano il pesciolino al Luna Park e mi racconta in poche parole la sua storia: caporedattore per alcune riviste prestigiose, ha mollato tutto dopo che qualcosa nel perverso meccanismo da grande città si è rotto. Ha scelto Lampedusa l’isola più a Sud dell’Italia per rinascere: “Impiegavo un’ora e mezza per andare a lavoro; in sostanza guadagnavo dei soldi per rimanere imbottigliato nel traffico ogni mattina!” Una cosa sentita milioni di volte da tante altre persone e che per lui è stato l’inizio di una vita. L’amore per il mare e la passione per le immersioni gli ha permesso di aprire un diving center a Lampedusa: nel raccontarmi con orgoglio la sua avventura mi dice “Non siamo in prova in questa nostra vita, ma è l’unica possibilità che abbiamo per vivercela al meglio”.
Usciamo: non vedo migranti. Facciamo aperitivo in un locale che mi dicono abbia il miglior spritz di tutta Lampedusa; l’accento della proprietaria non inganna neanche una terrona come me: sono Veneti e qualche anno fa hanno molato tutto per rinascere a Lampedusa. Così come una giovane donna dai capelli biondi che mi chiede se sono stata mai a Napoli: lei Account Manager in una nota società Napoletana, ha messo in stand by la sua vita perché del caos non ne può più. Salgo sull’aereo pensando a tutte queste storie e nel frattempo mi chiedo: ma gli immigranti dove stanno? Li hanno nascosti?
Esattamente cinque anni fa mi laureavo alla triennale con una tesi in Semiotica, disciplina che studia i segni ( per dirlo a pane e peperoni): Sausurre sull’arbitrarietà del segno dice:
Il legame che unisce il significante al significato è arbitrario, o ancora, poiché intendiamo con segno il totale risultante dall’associazione di un significante a un significato, possiamo dire più semplicemente: il segno linguistico è arbitrario […] La parola arbitrarietà richiede anche un’osservazione … non deve dare l’idea che il significante dipenda dalla libera scelta del soggetto parlante … vogliamo dire che è immotivato, cioè arbitrario in rapporto al significato, con il quale non ha alcun aggancio naturale nella realtà
Mi sembra questa frase sia fatta a posta per Lampedusa: non siamo un forse un po’ tutti forse alla deriva di una vita che non scegliamo? Non siamo un po’ tutti alla ricerca di una stabile felicità? Non siamo un po’ tutti volenterosi di una nuova vita?
A Lampedusa di emigranti non ne ho visti: ne vedo tantissimi tutti i giorni a Reggio Emilia, quando torno a Napoli o quando sono per strada a Roma. Lampedusa mi ha accolta a mani basse, quasi quando uno non ti vuole sedurre ma poi finite innamorati pazzi: mi ha stesa e travolta, mi ha fatto commuovere e riflettere ma soprattutto, dopo tanto tempo, ho risentito forte il rumore delle mie risate spensierate. Ho speso quattro giorni in un’Isola che regala sogni a tante persone, come il sogno americano del primo Novecento: gli immigranti arriveranno sicuramente, ma quanto cambiano le prospettive se vengono usate le parole giuste? Quanto cambia la percezione delle cose se vengono raccontate per quelle che sono e non per quelle che vorremo? Quanto ci fa male la delicatezza che usiamo per non farci male, come direbbero gli Afterhours?
Chiedilo a Lampedusa e lei ti darà risposta.

About friariella
Travel blogger per caso, Napoletana per scelta. Sono un'intalliatrice agonistica e campionessa mondiale di aperitivi e bis. Mi piace viaggiare low cost, amo la buona musica e di ogni festa divento il giullare.
Tanta tanta invidia :*
Basta prendere solo un volo ed è subito #enjoytheblue
Sci sci, proprio un bel post! Brava!!! E’ stato un piacere conoscerti e spero di rivederti presto! Un abbraccio!
Grazie Cavallo Pazzo! Vi aspetto per pazzarie notinmypanni a Napoli e poi vi vengo a trovare appena posso a Ancona: non ci sono mai stata!
certamente, ma prima ti devo dar lezione di hashtag! quella corretta è #notmypanni, diffida dalle imitazioni! Ti aspettiamo qui in Ancona <3
Bellissimo questo post Friariè! 🙂 mi piace soprattutto come hai capovolto il significato di “migranti” usandolo per quella gente che di quel posto se n’è innamorata e ci è andata a vivere! Ed un motivo c’è, noi lo sappiamo bene! 🙂
Anche io sono una migrante e anche io vivo in un posto che viene raccontato in maniera diversa da quello che è realmente. Bastano solo le parole giuste!
Mi avete fatto venire una voglia pazzesca di Lampedusa con le vostre immagini e i vostri post!!
belli belli!!! Che colori *.*
Prenota prenota e non te ne pentirai!