Dormo con gli armadi chiusi
Sì lo so. Parlo sempre meno dei viaggi e sempre più di me, di quello che sto provando in questo momento, di quello che mi frulla per la testa. Mi scuseranno i miei accaniti lettori se il viaggio più interessante che ho fatto negli ultimi due mesi è quello dentro me stessa. Mi scuseranno che piuttosto che guardare con la coda dell’occhio un paesaggio filtrato da un finestrino opaco, ho guardato i mille volti di me.
Mi scuserete, dunque.
L’altro giorno ho fatto una cosa strana: ho chiuso l’armadio prima di andare a dormire. Un gesto di una banalità insolente. Un gesto stupido, semplice ed a tratti impalpabile, ma non per me. Non dormivo con gli armadi chiusi da tempo immemore, che poi tempo immemore effettivamente non è. È che mi sembra sia passata una vita fa, che non sia stata io, che non sia successo a me, che non ero io ed invece.
Ho chiuso le porte dell’armadio e mi sono chiusa nelle mie lenzuola blu elettrico: amo i colori decisi, così come le persone che scelgo. Sembra strano perché chi si ferma sull’uscio di me stessa pensa che dietro al mio sorriso ci sia una persona esuberante e rumorosa. In realtà non è vero: mi piace guardare le persone nei loro gesti inconsueti, nelle sbavature del quotidiano e negli imprevisti che cadono a pennello. Scelgo esattamente così, un po’ rischiando ed un po’ analizzando: chi scelgo è tutto, chi non lo è niente, non ci sono sfumature nei rapporti per me.
Mi sono messa a letto affondando i pensieri e ho chiuso gli occhi e li ho chiusi entrambi. Ho sbarrato il mio campo visivo e ho cercato di schiacciare off sui pensieri. E poi è nato un sorriso.
Sono solita dire che quando si subisce un’aggressione di tipo sessuale la tua vita finisce e ricomincia in quel momento: come il tragitto descritto da una scossa di terremoto che arriva fino in cima e poi, dopo pochi millimetri, scende giù in basso. Ecco io sono finita in quel basso e ci sono rimasta per un bel po’ di tempo. Non me ne vergogno e non me ne faccio una colpa, o almeno non adesso.
Ho avuto paura di andare a fare la spesa, mi sono chiusa in un mutismo che non mi appartiene, ho avuto difficoltà ad abbracciare le persone a me care. Ogni giorno all’uscita del lavoro mi aspettava; arrivava verso le 18, mi prendeva per mano e mi accompagnava alla fermata del bus. Sentivo il suo peso così forte come un macigno appeso al petto che non riuscivo a respirare, mi sentivo strozzare e allora il cuore girava forte come un criceto sulla ruota. Sono stata anche dal medico per farmi visitare: non potevo accettare di dover stare così, non poteva succedere a me, non potevo permettermi di stare così male.
Non avevo nulla. Avevo solo paura che mi potesse succedere di nuovo, avevo solo tanto dolore di esser stata vittima di un tentativo di violenza, avevo solo rabbia di non essere riuscita a fargli più male, avevo solo ribrezzo per questa Nazione in cui vivo che ha liquidato i miei danni con 50 euro in più in busta paga. La mattina riuscivo a zittire i miei tormenti con il lavoro, ma appena smessi gli abiti dell’impiegata modello, il mio mostro tornava a farmi compagnia. Era come un appuntamento fisso: iniziavo a stare male subito dopo aver varcato il cancello del lavoro, dopo aver attraversato quel pezzo di strada dove ero stata trascinata per terra con violenza aggrappata alla mia borsa.
Tornavo a casa e nonostante mi fossi chiusa dentro a volte mettevo un divano davanti alla porta perché avevo paura che lui potesse tornare a cercarmi, potesse venire di nuovo da me. Non riuscivo a dormire: avevo gli incubi. Non riuscivo a vedere gli armadi chiusi perché, nonostante fossi consapevole che ero sola in casa, avevo paura che dietro alle ante si nascondesse qualcuno. Sì lo so: adesso posso sembrare anche patetica, stupida e pazza e vi dirò di più, per tanto tempo me ne sono vergognata.
Bisogna darsi il giusto tempo per tutto. Bisogna darsi il tempo di metabolizzare, fermarsi e capire. Bisogna non aver paura delle proprie emozioni, perché senza di quelle non saremo delle persone ma delle cose.
Me lo sono ripetuta tante volte, per farmi coraggio, per non maltrattarmi ed annegare in un mare di solitudine e paure. Mi sono curata da sola: ho iniziato a vagare in piccoli mondi creati solo da me, attraverso l’ascolto della musica, la lettura di un libro, la stesura di un post del blog. Ho iniziato a ricordare tutte le cose che piacevano a me e che sapevo mi facessero stare bene.
Mi sono data del tempo e ho licenziato i sensi di colpa: non è colpa mia se mi è successo, ma poteva capitare a chiunque. Non è stato semplice e non lo è ancora: ogni giorno è una piccola conquista, ogni giorno è una piccola battaglia vinta, però sono io e ce l’ho fatta, o quasi.
Ci vorrà ancora del tempo, ci vorrà ancora pazienza, ma ciò che conta è avere la voglia di cominciare. Per questo motivo sono felice che adesso dormo con gli armadi chiusi.

About friariella
Travel blogger per caso, Napoletana per scelta. Sono un'intalliatrice agonistica e campionessa mondiale di aperitivi e bis. Mi piace viaggiare low cost, amo la buona musica e di ogni festa divento il giullare.
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