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Perché guardare Dawson’s Creek da adulti (non) è una cagata pazzesca

Se anche tu sei nato a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 avrai visto almeno una volta una puntata di Dawson’s Creek. Si tratta di uno dei primi teen drama, emblema della mia generazione. C’è chi l’ha amato, chi l’ha odiato, chi l’ha visto tutto decine di volte e poi ci sono io, che sono riuscita a vederlo per intero solo da adulta. E sapete perché? Ve lo racconto subito.

Dawson’s creek e il timer video

Partiamo dal presupposto che Dawson’s Creek per noi “poveri”, ossia coloro che non erano (ancora) dotati di TELE+, è arrivato nel 1998. Io stavo per terminare le elementari e mi apprestavo a vivere quel periodo di mezzo della vita, meglio nota come adolescenza. La pesantamma era già parte integrante della mia esistenza benché, insomma, avessi solo 11 anni. E finalmente la tv proponeva qualcosa affine al mio spirito leopardiano: Italia 1 iniziò a martellarci (sì perché non c’era ancora internet) di pubblicità su questo nuovo telefilm in cui la futile tragedia adolescenziale era il fil rouge di più stagioni.

E io, appassionata di soap da sempre, come una sposa promessa mi dissi “Sì Dawson ti voglio”. Nel mentre a scuola “quelli ricchi di TELE+” ci davano degli sfigati perché ovviamente Dawson’s Creek loro l’avevano già visto. Il tutto, ovviamente, crebbe in me l’attesa di vedere questa benedetta prima puntata. Ma, c’è un ma.

Arriva finalmente il giorno della messa in onda. Io e mia sorella alle 21 eravamo già a letto per vedere il kolossal della filmografia internazionale e mondiale dei prossimi millenni, secondo noi (cosa che Spielberg se stava a cacà sotto), quando mio padre arrivò e impostò il timer. La televisione si sarebbe spenta automaticamente alle 21.30. Tragedia. Perché oltre al fatto che non avrei visto praticamente niente neanche della prima puntata, avrei dovuto fingere il giorno dopo di averlo visto tutto parlandone a scuola. Anche perché, amici cari, all’epoca non c’era possibilità di vedere le repliche in streaming o sul digitale terrestre: ti attaccavi e basta. Nonostante ciò dal titolo potete immaginare che alla fine, tutto sommato, benché il maledetto timer (negli anni siamo passati dalle 21.30 fino a spingerci alle 22.15 ehehe) mi ha salvato l’adolescenza: quindi pubblicamente grazie papà.

Il trauma della sigla

Se pensate che la sigla di Dawson’s Creek esordisca con l’ormai storico “anuwanuwei”, vi sbagliate di grosso. Nella versione disponibile su Netflix, infatti, troverete un’altra canzone Run like Mad di Jann Arden. Il motivo? Pare ci siano stati problemi di diritti non solo con questa canzone, ma con tante altre utilizzate senza autorizzazione dagli addetti ai lavori di Dawson’s Creek.

I veri protagonisti di Dawson’s Creek

Fatta questa doverosa premessa che vi farà capire perché alla “tenera” età di 34 anni io abbia preferito spendere del tempo a guardare tutte, e dico, tutte le puntate di Dawson’s Creek, parliamo dei personaggi. Anche chi non ha seguito la serie sa che i protagonisti principali sono:

  • Dawson Leery, meglio noto come Parcheggio Brin. Per i non abitanti a Napoli il Parcheggio Brin è appunto un parcheggio multilivello presente al centro della città. Le dimensioni di questo parcheggio sono equiparabili alla fronte di Dawson che fu anche “impreziosita” negli anni con un taglio alla Brad Pitt. In una sola parola: pammoreddio. Dawson vive nel suo mondo fatato e parla come se avesse fatto le elementari nel cast di Beautiful: anche quando deve andare a prendere il pane per la mamma può diventare l’occasione per farci un pippone melodrammatico che porta avanti per 3/4 puntate. È scaltro come una lampada Ikea e capisce solo dopo 74859560 puntate che Joey gliela sta battendo da paura dal giorno in cui si sono incontrati.
  • Joey Potter, l’attacca sfiga del paese. Non basta una mamma morta per cancro, un amico del cuore scaltro come un vaso per le piante, un padre ladro. No, c’è di più: una sorella non sposata che è incinta di un uomo di colore: oh mio dio, quanto peccato in una sola casa! Responsabile (fin troppo) e con la pazienza di Maria Teresa di Calcutta, la giovane Potter incarna lo stereotipo della brava, bella, intelligente e ovviamente stakanovista fino alla morte.
  • Pacey Witter, il giullare di corte. Belloccio ma non troppo, irresponsabile quanto basta a far drizzare i peli dell’imperturbabile Schopenhauer di Capeside meglio noto come Parcheggio Brin. Lui combina qualsiasi cosa e grazie a Dio, altrimenti questa serie sarebbe stata una noia.
  • Jen Lindley: dopo le prime stagioni passate a interpretare il diavolo sceso in terra in quanto non più vergine, trascorre il resto delle puntate in un processo di remissione dei peccati carnali fino a diventare una brava mamma single. Ma soprattutto: grazie Jen per aver dato a Parcheggio Brin la possibilità di scoprire i piaceri carnali, non ne potevamo più.
  • Jack McPhee: la quota gay del gruppo. Perché se i primi quattro rappresentano il completamento di un banale quadrato semiotico, Jack diviene il sale da mettere nella zuppa riscaldata in un mondo che non è ancora così aperto all’omosessualità.

I protagonisti principali della serie sono loro, ma ne manca uno: il sesso. Nella mia visione di adulta di Dawson’s Creek mi sono accorta che il sesso e il rapporto con questo è il vero protagonista. La sceneggiatura sembra essere scritta da un gruppo di monache di clausura uscite dopo 15 anni di solitudine. I protagonisti non fanno altro che commentare, ipotizzare, sognare e sperare in relazione al sesso che sia esso stato consumato o meno. Hanno solo un’unica grande ossessione: giudicarsi in base al sesso, che non diviene più uno dei momenti di massima intimità e piacere personale, ma un nemico da combattere.

Cosa che con gli ormoni in subbuglio da adolescente, proprio non vuoi fare, anzi. Emblematica la scena in cui Joey raggiunge Dawson per fare l’amore con lui per la prima volta ma lui, con la sindrome di Schopenhauer che gli incricca gli ormoni, la rifiuta. E se l’occasione rende l’uomo ladro, Joey e Pacey che partono per tre mesi in mezzo al mare con la barchetta fatta con i punti del Dash, hanno derubricato il termine “occasione”. Perché il sesso è il nemico da combattere e la cricca di Capeside deve fare una vita monastica (e surreale).

Ecco, amici cari, ditemi voi quando mai è successa una cosa del genere nella vostra vita. A “una mia amica” è successo per poi venire a scoprire dopo anni che ahimè il fidanzato in questione aveva finalmente fatto pace con le proprie preferenze sessuali.

Per non parlare poi della storia tra Pacey e la professoressa Jacobs. Una bellissima storia di pedofilia (perché lui ha 16 anni e lei 37) che però ci viene raccontata come una grandissima storia d’amore, perché diciamoci la verità nella sperduta, anomima e peccaminosa Capeside può succedere di tutto.

Può succedere che la madre di Dawson tradisca il padre ovviamente cadendo nella trappola del sesso che sembra peggio dell’aggiornamento del Norton Antivirus su Windows 98, e che ovviamente venga sgamata dalla moralizzatrice appestata Joey Potter. La quale, dall’alto dei suoi 16 anni d’età, le fa delle ramanzine che la Signorina Rottermeier le spiccia casa.

E qui andiamo al prossimo punto

Adulti bambini e bambini adulti

Sulla questione dell’età, percepita e raccontata, c’è molto da dire. Sì, è vero. Ho ricevuto un’educazione abbastanza severa ma non troppo (guardate che effetti “devastanti” ha portato il “trauma del timer”) ma ho avuto la fortuna di essere adolescente. E perché dico questo?

Perché se da una parte ogni attore deve essere in grado di raccontare qualsiasi personaggio, dall’altra qualche dollaro in più per farli sembrare più giovani e/o più vecchi potevano essere spesi. Da Tamara Jacobs che nella puntata 6 della 1 stagione dice di avere 37 anni, ma ne dimostra almeno 10 di più. Da Evelyn Ryan, alias la nonna di Jen, che per 6 stagioni mantiene la sua mono acconciatura con radici dei capelli bianchi e lunghezze rosse/castane che a na certa la tintura dei capelli avrebbe dovuta riceverla in omaggio solo per il coraggio di essersi presentata sempre così. E che dire poi dell’attore che interpreta il padre di Dawson che, a botte di botulino, sembra a momenti il suo fratello maggiore anziché suo padre?

Ma al di là delle scelte del cast, la cosa che più che mi ha fatto ridere in questa visione da adulta di Dawson’s Creek è il fatto che questi adolescenti con la smania di combattere i peccati e di vivere come attempati cinquantenni, non hanno orari. I nostri cari amici di Capeside non hanno regole da rispettare, permessi da chiedere, accordi con i genitori da prendere: loro vanno e vengono senza alcun problema. Il che può essere più o meno veritiero se vivi in un posto piccolissimo, ma hai comunque 16 anni.

E che dire di quando Pacey e Joye partono per tre mesi su una barca da soli senza avvisare nessuno. Ora, se ricordate il già citato trauma del timer, potete immaginare che nella me adolescente (e anche nella me adulta), non sarebbe assolutamente possibile: quella che sembra una fuga romantica tra due adolescenti nella vita reale sarebbe un sequestro di persona!

La quinta e sesta stagione assolvono tutti

E dopo aver passato ben 4 stagioni da più di 13 episodi a combattere il nostro nemico “sesso”, finalmente tutti i protagonisti entrano nel cerchio magico della peccaminosa Jen perdendo la verginità: l’alba di una nuova vita. Dawson scopre le gioie dei rapporti occasionali cercando di andare un po’ con chiunque, appendendo al chiodo la sua (surreale) anima romantica ed emotiva. Joey cerca di prendere i voti di castità concedendosi solo ai pochi eletti. Pacey prende il dottorato in relazioni di dubbio livello e spessore. Jen sta ancora espiando le sue colpe per la sua adolescenza rovente. Jack cerca di divertirsi come può.

E fin qui ci siamo. Se non fosse che trovo assolutamente senza senso questo cambio di prospettiva: dopo esser stati a letto l’uno con l’altra (Joey e Pacey, Joey e Dawson, Dawson e Jen, Jen e CJ, Cj e Audrey, Audrey e Pacey con la benedizione di Joey) si incontrano e si frequentano come se nulla fosse, come se ben 4 stagioni di spirito cattolico cristiano intriso in ogni gesto non fosse mai esistito. Ma non è l’unica cosa assurda di Dawson’s creek.

La peggior scena del serie tv del mondo

Ho visto tantissime serie tv e, credo, continuerò a guadarne ancora. Faccio questa premessa per dirvi che niente, e dico niente, potrà mai essere più brutta e patetica della morte del padre di Dawson. Partiamo dal fatto che per l’intera puntata che culmina con la sua morte, il caro Signor Leery ci delizia con struggenti scene paternalistiche che ci fanno già sentire puzza di senso di colpa per le prossime 16 puntate. Ma poi viene il bello: ok Padre Parcheggio Brin che ti viene voglia di gelato, ok che vai a CasadiCristo in mezzo alla Tundra per mangiare un gelato, ma puoi comprare un cono? Cioè devi guidare in mezzo al selvaggio mondo di Capeside e prendi un cono gelato? E non è finita qui perché se hai già fatto la stronzata comprando il cono e ti cadono le palline sulla tappezzeria della macchina (che in un decimo di secondo saranno entrate nello stato di famiglia dei fluidi corporei che tu e tua moglie avete lasciato nelle vostre sveltine in auto) ti puoi mica abbassare a raccoglierle mentre guidi?

Caro Padre Leery, io non so quanto tu abbia discusso con la produzione (pare che l’attore si fosse lamentato perché il suo personaggio non avrebbe avuto abbastanza importanza), ma tu, e dico tu, alla fine esci di scena come un cretino golosone, in una delle scene più patetiche del serie tv del mondo (per dire che Derek in Grey’s Anatomy fa più bella figura).

I finali (in)credibili

A proposito di finali, torniamo a parlare degli amici ricchi con TELE+. Quei gran simpaticoni si divertivano poi, non solo a cercare di spoilerare la serie tv (che per me era un gran bene visto che ne vedevo 30 minuti a puntata), ma anche a millantare finali possibili.

Internet non era ancora diffuso e non era quindi possibile verificare l’attendibilità delle informazioni. Per questo bisognava cercare di trovare le informazioni in giro. E in giro voleva dire parlare con quelli che a casa avevano TELE+. Da qui una serie di leggende sul finale: Dawson che muore, Joey che si sposa con Dawson, Pacey che muore, Jen che sposa Dawson. Insomma all’epoca ne ho sentite di tutti i colori. Spoiler per chi ancora non lo sapesse: alla fine Joey ovviamente sceglie Pacey, Jen muore per una brutta cardiopatia e Jack si fidanza con il fratello di Pacey, perché si sa “i gay si accoppiano tra di loro e nel loro gruppo ristretto di persone”, come ci insegna la mentalità retrograda di inizi anni 2000.

Joey Potter vs Parigi

La sesta e ultima stagione (Dio grazie) non solo risolve il complicato rebus del triangolo amoroso Joey, Pacey e Dawson. Non solo ammette tutti al peccaminoso mondo dei comuni consumatori di sesso. Ma, è anche la stagione nella quale, dopo centinaia di puntate, Joey Potter finalmente va a Parigi.

È dall’ultima puntata della prima stagione che questa poverina cerca di andare nella capitale francese che rinuncia per amore di Dawson: tesoro hai 16 anni, ma futtitinne! Ma si sa l’amore a quell’età è una cosa “seria” e quindi “con le mani ciao ciao” a questa opportunità di studio all’estero. E poi quando compra il biglietto per Parigi (finale quinta stagione) solo per dire a Dawson che per lei è importante, che cosa fa? Chiede il rimborso! Amica, no così mi deludi però. E poi di nuovo illusa dal bello e sociopatico Eddie (meglio noto come l’illusionista data la sua capacità di sparire random) che tanto vuole portarla in giro per l’Europa. Si accede la fiammella di Parigi, quella candela che arde costantemente come quelle presenti in chiesa. Ma poi Eddie sparisce di nuovo (ve l’avevo detto) e quindi bye bye take away Parigi.

Ma per accorciare il brodo gli sceneggiatori fanno un balzo di cinque anni nelle ultimissime puntate e il sogno di Potter si realizza: nell’episodio 22 della sesta stagione, finalmente la mandano a Parigi. Come? Con un green screen da 5 euro, più falso delle maglie taroccate del mercato di Poggioreale. Perché sì, cari amici dell’internet, basta un negozietto posticcio con le baguette e qualche macaron, un foulard annodato tra i capelli e un green screen con la Tour Eiffail e la giovane (e sfigata) Potter ha realizzato il suo sogno: ma vaffancul!

Cosa mi ha insegnato vedere Dawson’s creek da adulta?

Sono stata, ovviamente, molto sarcastica nel raccontarvi che cosa ho provato nel vedere tutto Dawson’s creek da adulta. Tuttavia, la visione di questo telefilm mi ha fatto riflettere su tante cose. Prima di tutto, che senza disciplina non si va da nessuna parte. Se non avessi avuto il maledetto timer della tv, certo avrei saputo il finale delle puntate e quindi delle singoli stagioni, ma non sarei andata a scuola il giorno dopo sufficientemente riposata per affrontare la giornata. Quindi, ancora una volta, grazie papà.

Il fatto di aver notato tutti questi elementi surreali tra loro e a tratti fuori luogo, mi hanno fatto pensare che con gli anni ho un po’ perso la capacità di sognare, ma non inteso come capacità di andare oltre, ma come capacità di lasciarmi cullare dalle situazioni, dalla storia e non analizzare tutto per cercare, sempre e comunque, un senso alle cose.

Le ultime due puntate della serie mi hanno risvegliato sentimenti di malinconia e gratitudine verso tutto ciò che ho vissuto fino ad adesso. Ho ripensato alle mie ultime estati in Calabria e all’emozione di rincontrare amici di infanzia e di adolescenza, ricordando ciò che è stato e raccontandoci cosa siamo adesso, magari stringendo tra le braccia un bambino. Ripenso ai miei amici dell’Erasmus che tanto pensavo di perdere dopo quella meravigliosa avventura (ve lo avevo detto che sono una wallera) e che invece nonostante le distanze e il tempo, sono ancora parte della mia vita. Agli amici del liceo, dell’università, a quelli del primo lavoro: insomma nonostante i numerosi nosense di questa serie, Dawson’s creek mi ha fatto riflettere sull’importanza di avere degli amici che ti accompagnano in qualsiasi momento della tua vita.

About friariella

Travel blogger per caso, Napoletana per scelta. Sono un'intalliatrice agonistica e campionessa mondiale di aperitivi e bis. Mi piace viaggiare low cost, amo la buona musica e di ogni festa divento il giullare.